Il vento idiota (Italian Edition) by Peter Kaldheim

Il vento idiota (Italian Edition) by Peter Kaldheim

autore:Peter Kaldheim [Kaldheim, Peter]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Edizioni e/o
pubblicato: 2020-06-17T04:00:00+00:00


Gino stava ancora ronfando della grossa quando raggiungemmo le Double Mountains e iniziarono a comparire i primi cartelli di pericolo – non solo per i cervi ma anche per le frane. Okay, Pete, in campana, pensai, e abbassai il finestrino lasciando che l’aria fredda della notte mi soffiasse sul viso. Ero sveglio e vigile, ma via via che la strada si inerpicava verso l’alto iniziai ad avvertire una sensazione di accerchiamento, quasi di claustrofobia. Alla mia sinistra, ripidi pendii rocciosi separavano le corsie in direzione ovest da quelle in direzione est, e non riuscivo più a vedere le luci del traffico che proveniva dal senso di marcia opposto. Alla mia destra, oltre il basso guardrail, il versante della montagna scendeva a picco nelle fauci tenebrose di un canyon senza fine.

Circondato da pericoli su ogni lato, decisi di non correre rischi e mi spostai sulla linea di mezzeria, lasciandomi abbondante spazio di manovra se un ostacolo si fosse materializzato di colpo da dietro una curva. Ma la mia prudenza non servì a nulla per ciò che successe pochi attimi dopo, quando un cervo maschio suicida si schiantò giù per la collina a sinistra e si piantò dritto nel cono di luce dei fari dell’Audi. Oh, merda! Sterzando bruscamente a destra avrei preso il cervo solo di striscio, ma il terrore dello strapiombo mi tenne le mani inchiodate al volante. Prima che potessi frenare presi il cervo in pieno. Seguirono, in rapida sequenza, due sobbalzi ripugnanti, quando passai sopra il collo robusto dell’animale prima con la ruota di davanti e poi con quella di dietro.

«Ma che cazzo…?» esclamò Gino, catapultato in avanti quando schiacciai troppo tardi il freno a tavoletta. «Non dirmi che hai investito un cervo» gemette, mentre accostavo accanto al guardrail.

«Mi dispiace, Gino» ammisi con aria colpevole. «Non c’era modo di evitarlo, te lo giuro! Quel dannato stronzo doveva avere voglia di morire. È sceso a tutta birra giù per la collina e mi è saltato davanti prima ancora che lo vedessi arrivare».

«Gesù, sei incredibile. E meno male che ti avevo avvisato» si lagnò Gino scendendo a valutare i danni. Ero così schizzato di adrenalina che fui lì lì per sbottare: Se ci fossi stato tu dietro il volante non avresti saputo fare di meglio, stupido cazzone testa di latta! Ma mi morsi la lingua. Incazzato com’era, non volevo provocarlo ancora di più e finire scaricato in mezzo al nulla.

A quanto pareva il danno era limitato alle ruote dal lato del guidatore. I cerchioni davanti e dietro si erano deformati per la violenza dell’impatto. Per fortuna le gomme erano pneumatici radiali run flat e non erano ancora a terra. Lo stesso non si poteva dire della carcassa del cervo, spiaccicato con gli occhi aperti sull’asfalto dietro di noi.

«Che ne pensi, Gino? Si può guidare?» domandai, temendo il peggio. Eravamo come minimo a centocinquanta chilometri da El Paso. Se si doveva chiamare un carro attrezzi, non avevo idea di quanto avremmo dovuto camminare per trovare un telefono.

«Lo scopriremo presto» rispose Gino rabbuiato.



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